I giornali hanno riportato la notizia delle sanzioni che i dirigenti e i Consigli d’istituto di alcuni licei romani, come il “Tasso” e il “Mamiani”, stanno comminando agli studenti che hanno preso parte nelle scorse settimane a occupazioni e autogestioni delle scuole. Si parla di giorni di sospensione, con attività forzate e cinque in condotta; in altri casi si parla di stop alle gite o viaggi di istruzione, forse per evitare che vadano perdute altre giornate di lezione. Genitori e alunni che stanno protestando contro questi provvedimenti ritengono che si tratti di una rappresaglia e che la pena non abbia alcuna funzione rieducativa, anzi colpisca il desiderio di partecipazione espresso dai giovani. Sul fronte opposto, si dice che le occupazioni sono diventate un rituale inutile e che, al pari dei lavoratori che pagano in danaro per una giornata di sciopero, è giusto che anche gli studenti si rendano conto che l’adesione a una protesta costa e comporta una rinuncia.
Non ho competenze psico-pedagogiche per esprimere un’opinione sulla congruità e l’efficacia di queste punizioni. Ma su un aspetto desidero pronunciarmi: sento dire che in alcuni casi la sanzione consisterebbe nell’obbligo di leggere un libro in più degli altri durante le vacanze o tra i “lavori forzati” da fare nei giorni di sospensione. A parte il fatto che ci sarebbe da augurarsi – ma ne dubito – che qualche ragazzo possa percepire queste decisione come un premio, mi chiedo il senso di un provvedimento di questo tipo, che rischia di vanificare tutti i discorsi sul piacere della lettura e sulla sua funzione formativa come valore da trasmettere nelle attività promozionali portate avanti nelle scuole.
A me sembra una buona idea