I segni di Michela Murgia

Ieri è morta Michela Murgia e in queste ore possiamo leggere in rete e sui giornali i ricordi di scrittori e intellettuali, di personalità del mondo politico e, tra i più incisivi, i messaggi di chi ha condiviso fino alla fine la sua esistenza ed era accomunato nella sua famiglia di affetti, la famiglia queer come lei amava chiamarla.  Non ho titolo per aggiungere nulla, anche per rispetto verso i sentimenti di chi le voleva bene “da vicino”: infatti, non posso definirmi un suo amico e forse neppure un suo conoscente — l’ho incontrata poche volte e ammetto che in alcune occasioni non mi sono sentito in totale sintonia con le sue posizioni, che forse non riuscivo a capire — ma ho sempre ritenuto di fondamentale importanza le sue testimonianze e la sua partecipazione al dibattito pubblico, fino all’ultimo. Se essere “attivisti” significare partecipare attivamente alla vita sociale, questa definizione si addice pienamente a Michela Murgia.

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Si ripete l’effetto Strega

Si rinnova anche nel 2023 l’ormai consueto “effetto Strega” sulle classifiche di vendita dei libri: Come d’aria di Ada d’Adamo, il libro d’esordio risultato vincitore della LXXVII edizione, è saldamente in testa da due settimane; ha raggiunto una tiratura di 120.000 copie e ha più che raddoppiato le vendite (erano 25.000 al momento della finale, e sono già più di 60.000). In ottima posizione, rispettivamente all’ottava e all’undicesima piazza, anche le opere di altre due finaliste: Mi limitavo ad amare te di Rosella Postorino (Feltrinelli) e Dove non mi hai portato di Maria Grazia Calandrone (Einaudi). Entrambe, a parecchi mesi dall’uscita e a circa venti giorni dalla serata finale di Villa Giulia, vendono ancora tra le 3000 e le 2500 copie a settimana. Scorrendo la classifica troviamo anche al ventesimo posto Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi, con 1500 copie a settimana, un libro che ha fatto parte della dozzina dei partecipanti, molto apprezzato dalla critica ma che non era riuscito a ottenere abbastanza voti per entrare in cinquina. Un effetto, quindi, che si distribuisce, anche se in misura diseguale, sul vincitore e sugli altri partecipanti, su autori già noti e su esordienti, su grandi e piccoli editori.

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Il romanzo è solo d’invenzione?

D’estate, sotto l’ombrellone, si legge forse più del solito, mentre i premi letterari propongono nuovi titoli all’attenzione dei lettori. E si finisce col discutere sulle tendenze della produzione editoriale e della narrativa contemporanea. Un tema su cui sta montando il dibattito – innescato anche dalle caratteristiche di quattro dei cinque finalisti del Premio Strega di quest’anno – riguarda il mémoire, genere legato ai ricordi e alle esperienze dello scrittore, che starebbe soppiantando il romanzo d’invenzione. La cinquina della 77. edizione dello Strega comprendeva Come d’aria di Ada D’Adamo, che alla fine ha vinto, prevalendo di quindici voti su Mi limitavo ad amare te di Rosella Postorino, e a seguire Andrea Canobbio con La traversata notturna, Maria Grazia Calandrone con Dove non mi ha portata e, all’ultimo posto, Rubare la notte di Romana Petri. Tutti questi cinque libri contengono un riferimento alla realtà e in alcuni casi un ancoraggio alle vicende biografiche di chi li ha scritti: Ada D’Adamo parlava della grave disabilità della figlia e della sua malattia, che l’ha condotta alla morte nell’aprile scorso;  Postorino scrive del caso di alcuni bambini di Serajevo dati in adozione in Italia pur non essendo orfani in senso stretto; Canobbio narra di u na vita familiare segnata dalla depressione di suo padre; Calandrone racconta la sua ricerca della madre che l’ha abbandonata prima di suicidarsi; Petri ricostruisce in forma romanzata la biografia di Antoine de Saint-Exupéry, l’autore de Il Piccolo Principe.

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