L’impoverimento dei consumi culturali

È in corso a Viterbo dall’11 al 13 ottobre il Festival “Economia della Cultura”, voluto dalla Regione Lazio. In uno degli incontri in programma ho avuto l’occasione per parlare dell’impoverimento dei consumi culturali che si registra da qualche anno in Italia. Analizzando i dati Istat sulla spesa delle famiglie, possiamo notare infatti che nel 2000 le spese per la cultura e altre attività ludiche e di intrattenimento incidevano per il 7,3% sul totale dei consumi delle famiglie, mentre nel 2022, l’ultimo anno per il quale sono disponibili i dati, la percentuale è scesa al 6,9%. La contrazione si è verificata essenzialmente nel corso dell’ultimo decennio, e non è solo di ordine quantitativo: direi che anche la qualità della spesa desta qualche preoccupazione. In particolare, è calata notevolmente la spesa destinata alle vacanze (dal 7,8 al 3,6%) e quella riconducibile alle pratiche di lettura (la spesa per libri rappresentava nel 2000 il 6,8% dei consumi culturali, mentre ora è scesa al 4,5%; quella per giornali e periodici è passata nello stesso periodo dal 13,5 all’8,2%). Viceversa, è cresciuta la quota destinata a tecnologie (computer, audiovisivi, attrezzature fotografiche), che passa dal 13,6 al 15,6% e quella relativa al giardinaggio e agli animali domestici, che cresce dal 12,8 al 14,4%.

Da segnalare anche alcuni altri dati sull’andamento nel tempo dei consumi culturali. Come sappiamo, nel tempo libero poco meno del 40% degli italiani legge libri per motivi non legati allo studio o al lavoro, dati in lieve diminuzione, mentre in altri comparti il calo è molto più sensibile: il 37% va al cinema (ma dieci anni fa la quota era molto più elevata); la percentuale degli italiani che legge il giornale almeno una volta a settimana si è quasi dimezzata in un decennio (era del 56% nel 2011 ed ora è scesa al 28,2%). I visitatori di musei, monumenti e siti archeologici e i frequentatori di concerti musicali oscillano tra il 20 e il 25%; solo il 14,5% dei nostri connazionali va al teatro.

Molto preoccupante il fatto che una quota significativa di italiani di 6 anni e più non svolge nessuna attività culturale fuori casa e non legge né libri né giornali (possiamo dire che, praticamente guarda solo la televisione): queste persone “culturalmente inattive” erano il 15,9% della popolazione nel 2011, hanno superato la soglia del 20% nel 2019, sono ovviamente cresciuti durante la pandemia (23,5% nel 2020 e 38,8% nel 2021) e sono attestati al 29,3% nel 2022, senza ritornare ai livelli pre-Covid. Siamo sempre più rintanati in casa, gli stili di vita sembrano essere irreversibilmente cambiati e il divano è diventato il nostro unico compagno nel tempo libero. In particolare più del 40% degli over 65 non svolge nessuna attività culturale.

Le cose non vanno per niente bene.

P.S.: Appena rientrato in casa, leggo i dati ISTAT sulla povertà educativa, resi noti contemporaneamente: il 70,5% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 19 anni non è mai andato in biblioteca nel 2023 (il dato del 2019 era del 63,9%) e il 39,2% non ha praticato sport nell’anno. Il 16,8% tra i 6 e i 19 anni non ha fruito di spettacoli fuori casa (12,9% nel 2019) e non sono mai andati nell’arco del 2023 al cinema, a teatro, in un museo o a una mostra, non ha mai visitato siti archeologici o monumenti e neppure ha assistito a un concerto.

 

 

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