Letture sotto l’ombrellone …e in treno

L’estate è spesso stagione di letture, anche per chi non è un abituale divoratore di libri: la maggiore disponibilità di tempo libero, il susseguirsi di festival e incontri in tantissime località turistiche e non, e gli stimoli offerti dei tanti premi letterari che si assegnano in questo periodo sono senz’altro di aiuto. Non è un caso se L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio, vincitrice dello Strega all’inizio di luglio, è subito arrivata in vetta alle classifiche di vendita. Se compilassimo le statistiche sulla lettura contando le persone intente a leggere in spiaggia sotto l’ombrellone o stravaccate sui divanetti sistemati nell’atrio degli alberghi verrebbero fuori indici molti più elevati di quelli reali. 

Anche sui giornali si parla molto di libri e i consigli di lettura spuntano come funghi. Un divertente articolo di Paolo Di Stefano, uscito sul “Corriere della Sera” manifesta un certo fastidio per l’accavallarsi di suggerimenti, che in molti casi consigliano di dedicarsi alla “rilettura” di classici — nessuno ammetterebbe di non aver letto Guerra e pace o l’Ulisse e quindi si propone di rileggerli, magari col pretesto che ne è uscita una nuova traduzione — oppure di non farsi scappare l’inedito di un grande autore del passato, miracolosamente ritrovato e pubblicato postumo. Altre volte, con minore puzza al naso, i lettori estivi hanno gusti tendenti al pop e si fiondano sull’ultimo titolo del loro giallista preferito o sul best seller di cui tutti parlano e che non si può ignorare. Altro genere gettonatissimo è il romance, per versare qualche lacrima sulle pagine che raccontano amori infelici. 

Anche durante gli spostamenti si legge tanto. La scorsa estate fece molto discutere lo sfogo di Alain Elkann, che su “la Repubblica” si lamentò del comportamento di alcuni giovani viaggiatori, tatuati e rumorosi, che disturbarono un suo viaggio verso il sud, effettuato rigorosamente in prima classe e indossando un abito “stazzonato” di lino blu, mentre era intento a leggere (a “rileggere”, immagino) la Recherche e alcuni quotidiani in inglese. La sgradevole compagnia di questi ”lanzichenecchi” — così li definì — ebbe fine quando, giunto alla stazione di Foggia, Elkann ripose in una cartella di cuoio marrone, di cui l’articolo ometteva di indicare lo stilista, e scese dal treno. Chi sa se da Foggia doveva raggiungere Venosa, patria di Orazio, l’autore di Odi profanum vulgus. In fondo sono solo 79 chilometri.

Il tono di quel contributo sembrava quasi autoironico, tanto marcato era lo sfoggio di snobismo e la distanza che l’autore ostentava rispetto al volgo profano. O no? Forse era un saggio sulla incomunicabilità: comunque ne consiglio la lettura (è questo il mio piccolo consiglio di lettura per l’estate).

 

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