Guido Martinotti e i tre mondi del sapere

Il 5 dicembre 2012, esattamente un anno fa, moriva all’improvviso Guido Martinotti. Nato nel 1938, Martinotti era docente di sociologia urbana all’Università di Milano Bicocca, disciplina che aveva insegnato in università europee e americane: aveva analizzato in particolar le trasformazioni che stavano avvenendo nelle realtà metropolitane, distinguendone gli ‘users’ dai ‘residenti’. Era stato anche tra i consulenti del ministro dell’università Luigi Berlinguer per la riforma del 3+2. 

Uno dei suoi contributi più interessanti riguarda proprio le questioni di cui spesso si discute in questo blog. Mi riferisco al suo saggio su Informazione e sapere (Anabasi 1992), nel quale Martinotti suggerì «l’idea che esistano tre mondi del sapere, distinti in base agli scopi per cui le conoscenze vengono prodotte, conservate e trasmesse e agli attori individuali e istituzionali che svolgono queste funzioni, che possiamo chiamare sapere organizzato, sapere organizzativo e sapere diffuso».

Con l’espressione ‘sapere organizzato’ o ‘colto’ Martinotti intendeva riferirsi al sapere collegato alle istituzioni scientifiche, sistematicamente organizzato, prodotto e trasmesso da studiosi ed esperti, naturalmente destinato ad essere conservato e rielaborato attraverso un costante lavoro di progressivo accrescimento delle conoscenze.

Una seconda forma di sapere è quella che può essere definita come ‘organizzativa’ (o ‘burocratica’, secondo l’accezione che il termine assume nella sociologia dell’organizzazione di stampo weberiano) e che comprende le conoscenze che si accumulano all’interno delle grandi organizzazioni formali, siano esse amministrazioni pubbliche o imprese, e che caratterizzano l’epoca in cui viviamo.

La terza e ultima tipologia di sapere di cui parlava Martinotti è un ‘sapere diffuso’, alla cui produzione, accumulazione e diffusione concorrono una pluralità di soggetti. Su questa base si formano le conoscenze collettive, legate agli eventi della vita quotidiana, e le opinioni, gli usi, i costumi di milioni di persone.

Fino a non molto tempo fa avremmo potuto collegare inequivocabilmente queste tre diverse forme del sapere ad altrettanti generi editoriali (la saggistica e le pubblicazioni accademiche nel primo caso, le pubblicazioni professionali e la letteratura grigia nel secondo, i quotidiani e la stampa periodica nel terzo), oppure a tre differenti tipologie di istituzioni deputate alla raccolta, conservazione e diffusione dei ‘prodotti culturali’ che veicolano queste differenti forme di sapere (rispettivamente le biblioteche di ricerca, le biblioteche speciali o i centri di documentazione e le biblioteche pubbliche di base).

La rete ha fatto irruzione in questo come in tanti altri ambito della nostra vita e ha scardinato un canonico schema di riferimento che in passato appariva ben delineato e, in alcuni casi, reso anche meno facilmente intellegibili le cesure che separavano l’uno dall’altro questi tre mondi del sapere.

Ma la classificazione proposta da Guido Martinotti oltre venti anni fa è ancora utile per comprendere le dinamiche dell’organizzazione dei processi di produzione e circolazione delle conoscenze. L’apprezzamento per quella intuizione rende ancora più forte il rimpianto per la scomparsa di uno studioso che con la sua lucida intelligenza sarebbe riuscito a cogliere e proporre nuovi spunti di riflessione.   

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