Due mezzi saloni del libro sono meglio del Salone di Torino?

La vicenda del Salone del libro di Torino e l’ipotesi di uno spostamento a Milano della principale manifestazione che l’Italia dedica al libro e alla lettura è molto complessa e alla fine rischia di distruggere quanto di buono si era costruito in trent’anni. Penso che l’AIE, l’associazione degli editori che ha avuto un ruolo da protagonista in questa storia e che ha siglato un accordo con la Fiera di Milano, abbia compiuto una scelta profondamente sbagliata e molto pericolosa: ora è molto difficile pensare a una ricucitura e al prevalere del buon senso.

Malgrado tutti gli errori di gestione commessi in questi anni a Torino – tantissimi, rispetto ai quali serve una forte e concreta discontinuità – credo che sia sbagliato scardinare la più grossa attività italiana di promozione del libro da quella città o soffocarla affiancandole un’iniziativa simile a Milano, addirittura organizzandola a poche settimane di distanza. 
A Torino il salone ha un impatto che a Milano non credo possa avere. Accanto al Salone sono nate nel capoluogo piemontese tante iniziative (Portici di carta, Salone Off e, da ultima, Torino che legge), che hanno coinvolto tanti soggetti diversi, mobilitato tante energie, costruito un sistema di promozione della lettura che ha portato i suoi frutti e che ha contribuito a creare attorno al Salone un “effetto alone”. Uno dei risultati positivi è lo stile di lavoro che gli operatori hanno messo in piedi, collaborando in modo permanente e dandosi forme di coordinamento. Peccato che i vertici della fondazione e le istituzioni cittadine non abbiano saputo gestire al meglio questo patrimonio.
A Milano il salone rischia di diventare una delle tante iniziative fieristiche (dal Salone del mobile allo SMAU, c’è n’è una ogni settimana). In questi giorni sono state dette tante stupidaggini a proposito della vocazione prevalentemente commerciale che il salone milanese potrebbe avere (l’industria editoriale produce libri per venderli e non deve certo vergognarsene), anche perché temo che alla fine questa iniziativa rischia di volerlo essere ma senza riuscire ad esserlo: se la manifestazione promossa dall’AIE finirà per aggregare solo gli operatori non avrà neppure un effetto commerciale significativo. La foglia di fico della promozione della lettura, usata come slogan della nuova iniziativa non copre gli errori che si stanno commettendo.
Ma i danni possono essere ancora maggiori. Se un po’ di editori, quelli che maggiormente si identificano nell’associazione di categoria, diserteranno Torino e altrettanti diserteranno Milano (già alcuni editori stanno abbandonando per protesta l’associazione), avremo due mezzi saloni e alla fine chi ci rimetterà è il mondo del libro: temo che la scelta perseguita con protervia dai vertici dell’AIE alla fine non porterà i frutti desiderati.
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