L’ultima trovata dell’editoria natalizia (mi riferisco ai libri pubblicati per entrare a far parte del cesto dei regali e predestinati a scalare le classifiche di vendita) sembra essere quella del self-writing. Non saprei come definire altrimenti i libri che il lettore deve scriversi da solo, ma – ovviamente – dopo averli acquistati e pagati. A questa strana categoria appartiene l’ultimo prodotto di quella straordinaria macchina di marketing che è Fabio Bonetti, in arte Fabio Volo. Libri, film, trasmissioni radiofoniche, comparsate sul piccolo schermo, e ora la fiction/non fiction televisiva Untraditional non sono altro che aspetti diversi di un brand: chi acquista uno di questi prodotti, in effetti, acquista Fabio Volo e non uno o l’altro dei prodotti che egli sforna (questa è una battuta involontaria, e non contiene alcun riferimento al fatto che Volo ci ricorda ad ogni pie’ sospinto di aver cominciato come panettiere): a confermarcelo è il modo stesso in cui i suoi libri vengono confezionati da Mondadori, con le copertine tutte uguali e con solo il nome dell’autore messo in evidenza, anche perché un titolo vale l’altro. Basta guardare e leggere qui e qui.
Ma torniamo all’ultima “opera” dell’autore lombardo, A cosa servono i desideri. Lui lo definisce un libro interattivo, con tante pagine bianche che il lettore dovrebbe compilare da solo. Almeno col self-publishing a pagare è l’autore, qui invece a dover sborsare i quattrini è il povero aspirante lettore, che per 12 euro avrebbe diritto ad acquistare una maggiore quantità di parole, e più che altro qualche idea. Ma forse è chiedere troppo. Michela Murgia ne ha fatto una splendida stroncatura in tv, cui non credo si debba aggiungere altro.