Periferie della cultura, iniziative private e amministrazioni pubbliche.

L’Alta Irpinia – angolo più remoto della Provincia di Avellino, ai confini della Campania con la Puglia e la Basilicata – è ai margini, forse oltre i margini, dei circuiti culturali (e non solo). Conosco bene quel territorio, perché la mia famiglia di origine è di quelle parti e quando ci ritorno resto ammirato per gli sforzi compiuti da alcuni amministratori, qualche imprenditore e tanti esponenti dell’associazionismo e del volontariato, ma ciò non attenua lo scoramento per la “perifericità” che rimane intatta. Mi ha colpito una polemica che in questi giorni impazza sul web e nei giornali locali.

Questi i fatti: per dieci anni il musicista Vinicio Capossela – di origine irpina anche lui, padre di Calitri e madre di Andretta, fortemente radicato in quella zona – ha organizzato in agosto il festival Sponz Fest, che ha previsto iniziative in giro per i paesi fin dalla mattina e concerti serali a prezzi “calmierati”. La manifestazione si sosteneva con qualche finanziamento pubblico, che è venuto meno quest’anno, per cui l’edizione 2024 è saltata. L’estate dei residenti e degli emigranti che tornano per qualche settimana è stata allietata solo da qualche festa patronale, con luminarie, bancarelle ed esibizioni di artisti di modesta caratura. Per combattere la desertificazione culturale, Capossela ha deciso di dar vita a una versione invernale dell’evento, lo Sponz Viern, che si terrà a Calitri dal 3 al 6 gennaio prossimi. In assenza di contributi pubblici e per fronteggiare i maggiori costi e la ridotta disponibilità di posti in platea (il rigido clima invernale ha richiesto l’allestimento di un tendone da circo), per gli appuntamenti serali bisognerà acquistare un biglietto da venti euro. La decisione ha provocato molte proteste, non essendo stato previsto uno sconto per i residenti né un abbonamento per l’intero programma.

Non entro nel merito, perché non saprei ripartire la ragione e il torto fra gli organizzatori e i potenziali spettatori. Ricordo solo che il ricavo della bigliettazione è l’unica voce di entrata per coprire i costi di allestimento, ospitalità, stampa, assicurazioni, progettazione, autorizzazioni, cachet e viaggi per gli artisti. Come ha giustamente evidenziato una testata locale, il lavoro va retribuito e chi organizza eventi non è un benefattore. Mi colpisce la diffidenza dei cittadini verso chi promuove queste iniziative: forse non siamo abituati a pagare per fruire di eventi culturali, forse non sappiamo distinguere tra servizi pubblici e iniziative private, forse non ci è chiaro che niente è gratis. E che se non siamo disposti a pagare chi produce cultura, la conseguenza sarà una soltanto: si smetterà di produrla. Se un artista si esibisce e non ci viene richiesto un pagamento, non dobbiamo pensare che ciò accada per miracolo ma che c’è qualcun altro che sta pagando e, se a pagare è il Comune o la Regione, siamo sempre noi a pagare attraverso le nostre tasse. Dobbiamo prendercela con Vinicio Capossela e i suoi collaboratori che hanno organizzato il Festival, o con le amministrazioni pubbliche che non sono intervenute per coprirne i costi? A chi spetta il compito di promuovere la cultura in Alta Irpinia e nella tante altre zone periferiche della nostra penisola? A me la risposta sembrerebbe ovvia, ma forse per tanti non lo è.

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