Partecipazione e democrazia

Qualche mese fa, in un intervento pubblicato in questo sito, ho preso spunto da una canzone di Giorgio Gaber che sosteneva che “la libertà è partecipazione”. Se è vera la notizia che si può leggere in questi giorni sui quotidiani, nel 2024 per la prima volta nella storia è previsto un evento assolutamente inedito: quest’anno più della metà degli abitanti del pianeta è chiamato a votare. In queste settimane sta votando un miliardo di cittadini indiani, tra poco toccherà a noi andare alle urne per eleggere i componenti del Parlamento in rappresentanza dei 446 milioni di abitanti del 27 paesi dell’Unione Europea, a novembre i 333 milioni di cittadini statunitensi avranno un nuovo presidente o rieleggeranno quello attualmente in carica. E poi ci sono state o sono previste tante altre votazioni, più o meno democratiche (nel marzo scorso le elezioni presidenziali in Russia riguardavano 113 milioni di persone), o che coinvolgono un numero inferiore di elettori. Insomma, che si tratti di eleggere amministratori locali o membri di assemblee legislative, che si debba scegliere un capo dello Stato o un capo di Governo, tutto lascerebbe pensare che quest’anno si stia celebrando una grande festa della democrazia.

Eppure non è così, o almeno non sempre e non dovunque. Tanti regimi  democratici sono in affanno e vedono ridursi di molto la partecipazione al voto rispetto al numero di aventi diritto, tante democrazie stanno trasformandosi in autocrazie o regimi plebiscitari, cioè in sistemi in cui la partecipazione al voto non è del tutto libera o il sistema politico non garantisce a tutti una piena libertà di espressione. Insomma, è in crisi il sistema della rappresentanza e lo scollamento tra eletti ed elettori risulta sempre più evidente, anche a causa della crescente sfiducia dei cittadini, generata da casi di corruzione e tracotanza. Eppure credo che avesse ragione Winston Churchill quando nel 1947 in un discorso alla Camera dei Comuni affermò che può anche essere vero che la democrazia è piena di difetti e può essere considerata una pessima forma di governo, ma che tra quelle sperimentate finora non se ne conoscono di migliori. E allora, cerchiamo di partecipare per migliorarla.

 

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