Oggi ho tenuto la mia ultima lezione del corso di questo semestre, che è stata anche l’ultima lezione in assoluto del mio servizio come docente presso la Sapienza. A ottobre, infatti, andrò in pensione, dopo trent’anni di attività didattica. Ho ripercorso l’itinerario dei miei studi e della mia produzione scientifica, che ha ruotato attorno alla funzione del libro e della biblioteca nell’accesso alla conoscenza.
I “riti di passaggio” comportano sempre un’emozione e offrono l’occasione per tentare un bilancio. Ho resistito a questa tentazione e ho preferito riflettere sul senso che può avere oggi l’attività di insegnamento. Quando si lavora nel campo dell’istruzione pubblica l’obiettivo non può essere quello di selezionare i migliori, ma di dare a tutti l’opportunità di migliorarsi. Poi è ovvio che non tutti raggiungeremo gli stessi risultati, non tutti svilupperemo i nostri talenti nella stessa direzione e nella stessa misura. Ma bisogna cercare – lo dice molto bene Ranganathan – di «aiutare ciascuno studente individualmente e di consentire a ciascuno di progredire con il proprio passo e per la propria strada», senza imporre nulla, ma affiancando gli allievi e cercando di accompagnarli con discrezione nel loro percorso di prescita.