Per un rilancio vero del comparto editoriale

Sono convinto, e l’ho anche scritto, che il mondo dell’editoria potrà ripartire e sperare in un futuro quanto meno accettabile, se non si accontenterà di misure di sostegno finalizzate a ripristinare le condizioni pre-Covid, che erano tutt’altro che allegre. Quando è arrivata questa nuova mazzata, il mercato librario stava appena cominciando a riprendersi dopo anni di conti in rosso: nel corso degli “anni dieci” di questo nuovo secolo sono spariti dal radar tre milioni di lettori, il fatturato è calato di quasi un miliardo, numerose librerie sono state costrette alla chiusura. Nel 2018 e 2019 si era intravisto qualche segno di ripresa.

Gli strumenti per un sostegno della domanda nell’immediato e per consentire alle imprese di uscire dal deserto che stanno attraversando ci sono. Accanto alla App18 (che in un quinquennio ha messo a disposizione di due milioni e mezzo di ragazzi circa 1 miliardo e 270 milioni di Euro, per metà almeno finiti nelle casse delle librerie) e alla Carta insegnanti (che ha reso disponibili 380 milioni, in gran parte però spesi per acquisto di computer e solo per un 15% utilizzati per acquisto di libri e abbonamenti a riviste), abbiamo anche altri strumenti, finora non utilizzati. Proprio nei giorni in cui il nostro paese chiudeva bottega per occuparsi dell’emergenza sanitaria era stata approvata la Legge 13 febbraio 2020 n. 15, Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura, che non solo fissa al 5% il tetto massimo dello sconto sul prezzo di copertina – questione su cui si sono concentrati i commenti, a volte polemici, degli addetti ai lavori – ma che prevede anche altri interventi, come l’avvio di un “Piano nazionale d’azione per la promozione della lettura”, i “Patti locali per la lettura”, misure per il contrasto della povertà educativa e il rafforzamento delle biblioteche scolastiche, alcuni incentivi a favore delle librerie. Queste azioni vengono finanziate con stanziamenti assolutamente insufficienti (meno di 30 milioni di euro in tre anni), ma la legge può essere un ottimo ‘attaccapanni’ al quale agganciare in una fase come quella che stiamo vivendo misure più incisive e risorse adeguate. Qualcosina è stato previsto dal Governo Conte nel cosiddetto “Decreto Rilancio”: credito di imposta per le librerie, finanziamenti alle biblioteche per acquisto libri, e poco altro, utile per tirare a campare.

Ma, come dicevo, si tratta di una boccata d’ossigeno, invocata dalle associazioni di categoria, che avevano chiesto «un piano di aiuti immediati che diano liquidità e sostegno a tutti i soggetti della filiera», come si legge nell’appello congiunto di AIB, AIE e ALI. Ma così non si va molto lontano. Sia chiaro, per un rilancio vero servirebbero più soldi, ma più che altro servirebbero nuove idee e un respiro progettuale diverso, servirebbe un disegno di medio e lungo periodo che immagini un ruolo per il libro e la lettura nel futuro che ci aspetta. Credo che questa attenzione sia dovuta, e non solo per ragioni corporative: il settore dell’editoria libraria (3,170 mld) e della stampa quotidiana e periodica (1,708 mld) rappresentano oltre un terzo dell’intera industria culturale italiana (36% di 13,546 mld). A volte l’opinione pubblica non percepisce correttamente le proporzioni e non immagina, per esempio, che il volume d’affari del comparto editoriale vale più di otto volte quello del cinema.

Speravamo che almeno un timido indizio di queste strategie fosse presente nel rapporto Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022” prodotto per la Presidenza del Consiglio dei Ministri dal Comitato di esperti in materia economica e sociale coordinato da Vittorio Colao. E invece non c’è niente, neppure una riga, neppure un gancio al quale aggrapparsi.

 

 

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