Lettura, città, comunità

Parlare di libri e lettura oggi in riferimento al sistema urbano e farlo con una attenzione particolare a quelle città – penso a Torino e a Mantova in primo luogo, ma anche a Pordenone e alle tante località che oggi risultano fortemente caratterizzate da eventi di partecipazione culturale che ruotano attorno al libro – non è banale e non intende ignorare in alcun modo i cambiamenti che la Rete ha indotto nei comportamenti delle persone e nella vita delle comunità locali. Se ne parla nella 15. edizione del Forum del libro “Passaparola”, che si conclude oggi a Torino presso il Circolo dei Lettori. Nella giornata di ieri siamo stati all’Istituto Avogadro, dove abbiamo discusso di progetti vecchi e nuovi.

I social network sembrano aver preso il posto delle chiacchiere tra amici, che prima facevamo in piazzetta o in altri luoghi di ritrovo, e i dispositivi mobili vengono usati per liberarsi da ogni schiavitù di luogo e di tempo: essere “sempre connessi” consente di non andare al cinema, di non sottostare alle scelte dei palinsesti televisivi o degli editori discografici. La Rete è l’ambiente in cui siamo immersi, è lo snodo centrale intorno a cui ruota ogni altro aspetto, dai consumi alle relazioni interpersonali, è l’infrastruttura che sta sostituendosi all’infrastruttura urbana: come vale per lo shopping online, che mette in crisi non solo il commercio al dettaglio ma anche la grande distribuzione e i centri commerciali, così non deve sorprenderci se anche le attività culturali si trasferiscono, almeno in parte, sulla Rete, a volte riproducendosi allo stesso modo che nell’universo analogico, altre volte subendo trasformazioni imposte dal mezzo utilizzato.

Interessante, per esempio, l’evoluzione che stanno avendo i gruppi di lettura, vale a dire quella forma di lettura che va ad incrociare il nostro bisogno di socialità. Non è di oggi la diatriba su isolamento/condivisione a proposito delle pratiche di lettura: c’è chi sostiene che la lettura sia un’attività individuale, solitaria; e chi, viceversa, sottolinea l’importanza di comunicare le sensazioni e le riflessioni che scaturiscono dal rapporto con i libri, di fare comunità attorno ai libri e all’esperienza di lettura. Anche questa dimensione partecipativa è oggi alla ricerca di nuovi canali attraverso cui esprimersi e si trasforma per effetto del diffondersi delle tecnologie di Rete, che stanno azzerando tante barriere e ci consentono di essere perennemente inclusi in uno spazio globale, all’interno del quale ci possiamo connettere con persone che vivono dall’altra parte del pianeta e avviare uno scambio con loro. Questa nuova idea di prossimità è molto affascinante, ma ha il suo prezzo. Il risvolto della medaglia, infatti, è il rischio di essere decontestualizzati e di ignorare ciò che avviene accanto a noi e le persone con le quali pure condividiamo lo spazio fisico e le emozioni che potrebbero derivarne. Il social reading è la nuova frontiera della lettura condivisa, ma non deve necessariamente escludere, quindi, la dimensione tradizionale dell’incontro fra le persone. A queste forme di fruizione individuale o di socialità digitale si possono affiancare anche quelle “fisiche”, al piacere di fare le cose in gruppo, insieme agli amici o a persone accomunate dai nostri stessi interessi. Non tutto si smaterializza nel web. Non si spiegherebbe altrimenti, infatti, il successo il successo e la capacità di aggregazione che continuano a riscuotere i grandi eventi di massa, come i concerti musicali, i festival culturali e, in parte, alcune manifestazioni sportive, dove incontrare persone animate dalla medesima passione e con cui è gratificante condividere queste esperienze.

In molti casi le biblioteche, le librerie, gli spazi pubblici disponibili nei quartieri e nei paesini si configurano come presidio culturale sul territorio, attraverso cui combinare la dimensione fisica con quella digitale. Questi luoghi continueranno ad esercitare una funzione attrattiva se saranno capaci di offrire stimoli, di stuzzicare la curiosità, di dare emozioni e farci star bene, di darci la percezione di aver vissuto un’esperienza che meritava di essere vissuta.

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