Cambiamenti climatici e politici di razza

Per una volta, mi sia consentito uno sconfinamento off topic, giustificato per almeno due motivi: perché il tema è di rilevanza universale e riguarda il futuro di tutti noi, e perché siamo in presenza di una lezione di politica, cui non accade di assistere frequentemente, almeno dalle nostre parti.

La decisione del Donald Trump di uscire dagli accordi di Parigi sul clima è l’ennesima prova di ottusità di quei dirigenti politici che governano pensando agli interessi immediati e particolari, dimostrando così di non essere veri statisti. Ma non avrebbe senso aggiungere la mia modesta voce su una questione che da qualche giorno sta assorbendo l’attenzione dei commentatori del mondo intero. Ciò su cui vorrei soffermarmi, invece, è la reazione di Emmanuel Macron, il cui posizionamento politico è quanto di più lontano dalle mie opinioni. Ma va dato onore al merito. In un colpo solo, il neopresidente francese − in barba al tono di sufficienza con cui era stato accolto da parte di chi lo riteneva un “politico di plastica” e aveva ironizzato anche su alcune sue vicende sentimentali e private − si è affacciato sulla scena internazionale dando una lezione di come si fa politica. Riassumo brevemente i punti focali del suo intervento:

1) ha mostrato coraggio e fermezza nel contrapporsi al presidente degli Stati Uniti, differenziandosi così dai suoi colleghi degli altri paesi europei, che nelle loro rituali dichiarazioni si sono limitati a esprimere delusione e rammarico per le scelte americane;

2)  ha dato prova di grande fiuto, quando dall’Eliseo si è rivolto in inglese (e sappiamo quanto i transalpini, a tutti i livelli, dai vertici politici ai funzionari, siano restii ad usare in pubblico lingue diverse dal francese) ai ricercatori che negli USA lavorano sui temi dei cambiamenti climatici, invitandoli a trasferirsi in Francia per continuare le loro ricerche, usando l’espressione «Make our planet great again», rubando così a Trump lo slogan usato in campagna elettorale;

3) ha fatto capire anche in cosa consiste il nuovo europeismo di cui intende farsi portavoce e la leadership che la Francia intende assumere, per contrastare anche l’egemonia tedesca: mentre il Regno Unito con la scelta dissennata della Brexit rischia di perdere la funzione catalizzatrice che per anni ha avuto nel campo dell’innovazione e con la sua capacità di attirare giovani talenti, la Francia si candida ad occupare il vuoto lasciato dagli inglesi.

Negli stessi giorni, i politici italiani si accapigliano sullo sbarramento al 5% e discutono di una legge elettorale che offre due sole possibilità: il pantano o l’inciucio. Che tristezza.

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Una risposta a Cambiamenti climatici e politici di razza

  1. Francesca scrive:

    Effettivamente Macron ha mostrato di credere con strenua e fervente energia nel proprio ideale, non rinnegandolo, ma continuando a sostenerlo e rimanendo ad esso adeso con fermezza e decisione. Non ha voluto profondere leziose blandizie né affettati o vezzosi ossequi. Non è stato action figure in pvc-resina, in un’intatta confezione d’imballaggio, bensì fiero braveheart e temerario e intrepido highlander.
    Egli ha dimostrato, altresì, savie duttilità e flessibilità, al di là della pragmatica resilienza, superando il granitico e adamantino nazionalismo, esprimendo in lingua inglese la personale favorevole propensione nei confronti del sostegno della ricerca. Anche Mark Zuckerberg, nella sua visita presso la Tsinghua University, aveva siuperato con acume il campanilismo idiomatico, esprimendosi in cinese mandarino.

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