Il 2016 si è chiuso all’insegna del salvataggio del Monte dei Paschi di Siena ad opera del Governo, e quindi a spese di tutti i contribuenti. Non essendo un esperto di questioni bancarie o finanziarie, mi guardo bene dal pronunciarmi sulla opportunità del provvedimento: è probabile che il fallimento di un istituto di credito così importante avrebbe avuto conseguenze enormi e gravissime e avrebbe provocato un “effetto domino” di proporzioni incalcolabili.
Mi limito a notare, però, che soltanto un anno fa (il 22 gennaio 2016) l’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva dichiarato: «Oggi la banca è risanata, e investire è un affare. Su Monte dei Paschi si è abbattuta la speculazione ma è un bell’affare, ha attraversato vicissitudini pazzesche ma oggi è risanata, è un bel brand». Non è questo il solo caso in cui Renzi ha sbagliato i conti, come dimostra l’esito del referendum costituzionale. Ma questa è un’altra storia.
Per chi si occupa di altre questioni, come il sottoscritto, ciò che colpisce di più è leggere che, mentre non si trovano risorse sufficienti per la scuola e l’università (con tre miliardi in più si modificherebbe radicalmente l’offerta formativa), o la cultura (si stima che servirebbero almeno 500 milioni di maggiori spese), o per altre nobili cause come la salute dell’infanzia (che richiederebbe un miliardo di investimenti) o la salvaguardia del territorio (mancano all’appello tre miliardi per la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico), sono stati rapidamente reperiti venti miliardi di euro per salvare con soldi pubblici le perdite private del Monte dei Paschi.