Ringrazio di cuore i tanti amici, colleghi, uomini di cultura, frequentatori delle biblioteche che mi hanno manifestato solidarietà a seguito della mia decisione di lasciare il Consiglio superiore dei beni culturali. Lo stesso sta avvenendo per Mauro Guerrini, Luca Bellingeri, Gino Roncaglia e Paolo Matthiae che, con motivazioni analoghe alle mie, si sono dimessi dal Comitato tecnico-scientifico per le biblioteche e gli istituti culturali. Il bando per il reclutamento di 500 funzionari ha suscitato molte perplessità e critiche.
Al di là della solidarietà personale, conforta vedere che tante persone hanno a cuore il destino delle biblioteche. Speriamo che tutti insieme si possa stimolare l’avvio di una concreta politica per le biblioteche italiane.
Ricordo qui alcuni articoli apparsi sulla stampa e alcuni comunicati, scusandomi se me ne è sfuggito qualcuno: Tomaso Montanari sul blog “Articolo 9″ , Francesco Erbani su Repubblica del 28 maggio e Patrizia Asproni su Repubblica del 30 (si leggano anche i lanci dell’agenzia ANSA, ripresi poi da altri giornali, come Il Manifesto), l’Associazione italiana biblioteche, l’Associazione dei lettori della Biblioteca nazionale di Firenze, il sindacato CGIL Funzione Pubblica, i parlamentari del M5S in Commissione cultura, l’on. Stefano Fassina di Sinistra italiana,
Gentile professore,
tutte le biblioteche pubbliche, statali e territoriali, sono state dichiarate “servizio essenziale” ad opera dello stesso Franceschini (legge 182/2015), ma solo per limitare il diritto di sciopero… non perché ci si preoccupi anche di finanziarle, dotandole del personale e delle risorse necessari.
Finché il servizio bibliotecario non sarà dichiarato spesa obbligatoria per i comuni, saremo in presenza di una contraddizione normativa che permette anche ai comuni tagli e disinteresse.
Con stima
Enrica Atzori, bibliotecaria
Alla radice, è già contraddittorio definire essenziale un servizio che non sia attivo sette giorni su sette, comunque non mi risulta l’essenzialità abbia correlazione coi finanziamenti neppure riguardo sanità, trasporti e sicurezza.
Invece di ritirarci sull’Aventino, cogliamo l’occasione per ripensare le biblioteche, o con una devolution approfittando proprio che essendo semivuote i problemi di trasferimento personale sono al minimo, o con una riorganizzazione meno pletorica. In università ed enti locali una biblioteca con trenta addetti è considerata enorme.