Nasce il Premio Strega Saggistica

La famiglia dei Premi Strega festeggia oggi un nuovo nato. Da quasi ottant’anni il Premio Strega lavora per valorizzare la cultura scritta nelle sue diverse espressioni (narrativa italiana contemporanea, cui si sono aggiunte nel tempo le letterature del continente europeo, la narrativa per l’infanzia, la poesia). Ma la produzione editoriale non è solo questo e ora abbiamo deciso di misurarci anche con la saggistica, un segmento dell’editoria italiana che non ci pare abbia avuto finora un risalto adeguato. Oggi abbiamo lanciato il Premio Strega Saggistica perché crediamo nella funzione dei libri: ci sono opere che interpretano e talvolta precedono il comune sentire, dandogli forma e consapevolezza. I buoni libri hanno il potere di accendere l’attenzione dell’opinione pubblica e di ampliare lo sguardo, mostrando cose che prima di allora non tutti riuscivano a vedere.

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I libri illuminano la contemporaneità

Raffaella De Santis ha pubblicato su la Repubblica due belle interviste ad Alessandro Baricco e Aldo Cazzullo, che hanno discusso del loro modo di scrivere, dei loro libri, di ciò che intendono trasmettere ai lettori, sorprendendoli e raccontando storie e idee, libri per riflettere sui temi della contemporaneità, sul mondo che ci circonda e su quello che è dentro di noi. Sono due autori che si muovono su piani molto diversi, ma c’è qualcosa che accomuna la loro produzione, che si rivolge in modo diversificato a segmenti differenti del pubblico.

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Accedere o acquistare: una vita in affitto?

I nostri comportamenti di consumo, e più in generale i nostri stili di vita, stanno cambiando profondamente e non so se siamo davvero consapevoli della portata di queste trasformazioni. Possiamo prendere ad esempio ciò che è accaduto negli ultimi anni nel campo dell’intrattenimento: sempre meno spesso “acquistiamo” i prodotti culturali o da usare per svago, e infatti i negozi che vendono dischi musicali sono una rarità, quelli che vendono o affittano film sono spariti del tutto, le sale cinematografiche si svuotano. La fruizione dei prodotti audiovisivi passa ormai quasi esclusivamente attraverso le piattaforme (Sky, Netflix, Amazon Prime, Dazn, Spotify e chi più ne ha più ne metta). Percepiamo il fenomeno essenzialmente nella sua dimensione tecnologica (risultato dell’evoluzione di internet, delle connessioni a banda larga via satellite e in mobilità, dello streaming), ma ad affermarsi è essenzialmente un modello di business: basta fare i conti e ci accorgeremo che in un anno sborsiamo molte centinaia di euro, forse qualche migliaio, per abbonarci a queste piattaforme e per accedere a un’offerta pressoché sterminata, di cui ci limitiamo a utilizzare solo una minima parte. Il grosso del guadagno non va nelle tasche di chi produce, ma di chi distribuisce.

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